Da Susanna Squellerio
Le belle giornate di ottobre e l’ultimo sole caldo autunnale se ne vanno in letargo dopo la prima pioggia copiosa e lasciano posto al freddo, all’umidità e al vento gelido.
Dovremmo saperlo, accade ogni anno, eppure, quel primo freddo ci coglie di sorpresa e impreparati.
Novembre offre molto di più.
In novembre avviene un fenomeno astronomico di grande fascino, sono le Leonidi, uno dei più importanti sciami meteorici che accade ogni anno verso il 17 novembre.
E’ il mese della semina e della raccolta delle olive.
Novembre è il mese nel quale cadde il Muro di Berlino, quando avvenne la Strage di Nassiriya, dove persero la vita venticinque militari italiani.
Fra gli eventi che trovano la loro ricorrenza annuale, nel mese di
Novembre, ci sono altre due festività importanti.
Il primo del mese, “Ognissanti” e il giorno successivo, “La commemorazione dei morti.”
Il giorno di tutti i Santi, noto anche come Ognissanti, è una festa cristiana che celebra insieme la gloria e l’onore di tutti i Santi.
In Italia, per i cattolici, è festa religiosa e di precetto, (ossia, è obbligo partecipare alla celebrazione eucaristica) ma anche civile.
Quali sono le origini?
L’antropologo James Frazer ha evidenziato una certa connessione con la festività celtica
di “Samhain” da cui origina Halloween.
Ognissanti veniva già festeggiato in Inghilterra, la allora patria dei Celti, il primo novembre, da tempi immemori come lo testimonia un antico calendario detto di Coligny, un’epigrafe in lingua gallica,
che risale al II secolo d.C., rinvenuto nel 1897 nei pressi di Lione.
Lo storico Ronald Hutton sostenne, però, che questa festività fosse celebrata in Paesi diversi, ancor prima delle celebrazioni celtiche.
Quando i Romani entrarono in contatto con i Celti, identificarono Samhain con la loro festa dei morti (Lemuria) che era però celebrata nei giorni 9, 11 e 13 maggio Nel IV secolo d.C., la Chiesa, sentì l’esigenza di commemorare i propri Santi con rito e significati diversi da quelli nordici, tali da rendere la celebrazione cristiana e non pagana.
Fu papa Gregorio IV, nell’835 d.C., a richiedere espressamente all’allora Re franco Luigi il Pio, di ufficializzare questa celebrazione e fissare la sua data il primo di novembre di ogni anno, rimasta tuttora invariata.
Nel giorno di “Tutti I Santi”, si commemorano tutti i Santi, anche quelli che non compaiono sui nostri calendari. I Santi, infatti, sono molti di più di 365.
Si celebra il ricordo delle loro vite e dei loro martirii e si ricorda quanto importanti siano stati i loro sacrifici e i loro gesti per la storia cristiana.
Questa festa è particolarmente sentita in Italia.
I festeggiamenti possono cambiare da regione a ragione, da città a città, seppur mantenendo lo spirito di rispetto.
La festa dei morti, che cade il 2 di novembre, è una ricorrenza della Chiesa Cattolica e non è mai stata riconosciuta come festività civile.
Nella Chiesa latina il rito viene fatto risalire all’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny nel 998: la riforma cluniacense stabilì, infatti, che le campane dell’abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1 novembre per celebrare i defunti, e il giorno dopo, l’eucaristia, sarebbe stata offerta “pro requie omnium defunctorum.”
In seguito il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica. Ufficialmente la festività, chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, appare per la prima volta nell’Ordo Romanus del XIV secolo.
L’antichissima leggenda racconta che durante la notte del Giorno dei morti, questi tornino nelle loro case e si cibino degli alimenti dei vivi.
In Italia è consuetudine visitare i cimiteri e portare in dono, ai propri cari, fiori, in genere crisantemi e lumini rendendo così questo luogo triste, a volte tetro, colorato e oserei dire, rivitalizzato, grazie ai bellissimi fiori che sembrano nuvole spumeggianti bianche o gialle.
Ogni città vanta una tradizione propria e originale.
Qui, di seguito, ne elenco solo un parziale esempio:
a Treviso si ricorre mangiando delle focacce particolari chiamate ‘i morti vivi.’
In alcune zone della Lombardia, la notte tra l’1 e il 2 novembre molte persone mettono in cucina un vaso di acqua fresca per far dissetare i morti.
In Friuli si lascia un lume acceso, un secchio d’acqua e un po’ di pane.
In Trentino le campane suonano per richiamare le anime. Dentro casa viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare accesso per i defunti. Lo stesso capita in Piemonte e in Val d’Aosta.
In Liguria, vengono preparati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite).
In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti, dolci a forma di fave.
In Abruzzo, oltre al tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano tanti lumini accesi alla finestra quante sono le anime care. Ma è anche tradizione scavare e intagliare le zucche e inserire una candela all’interno e usarle come lanterne, proprio come a Halloween.
A Roma la tradizione vuole che, il giorno dei morti, si tenga compagnia a un defunto mangiando un pasto vicino alla sua tomba.
In Sicilia il 2 novembre è una festa con molti riti per i bambini. Se i più piccoli hanno fatto i buoni, riceveranno dai morti i doni che troveranno la mattina sotto il letto.
Si preparano anche gli scardellini, dolci fatti di zucchero e mandorle (o nocciole) a forma di ossa dei morti e si mangia la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata. I risultati sono davvero incredibili e le vetrine delle pasticcerie uno spettacolo da vedere.
In Puglia, nelle zone di Foggia e Barletta, nel giorno dei morti viene preparata la cosiddetta colva, un dolce di grano cotto, con cioccolato fondente, noci e mandorle tritate, uva passa, chicchi di melagrana e condito con zucchero e vincotto.
Ancora una volta, in Italia, la celebrazione riprende forza dalle tradizioni gastronomiche che non finiscono di stupirci e deliziarci e così diventa, da triste e malinconica, un’occasione per, tutti insieme, godere della vita!